L'ambiente nell'antichità

La valle di Amari da sud/sud-ovest
L'incantevole paesaggio naturale di cui ciascuno ancora oggi può godere nell'area che circonda la Kephala (sullo sfondo a sinistra nella foto) e il villaggio di Thronos è il risultato di una secolare interazione verificatasi tra l'uomo, l'ambiente e le condizioni climatiche.
Allo scopo di ricostruire quanto più possibili aspetti dell'ambiente circostante a partire dal II millennio a.C., SYBAP include la raccolta sistematica dei dati bioarcheologici. Oltre alla raccolta manuale di ossi e carboni, nel corso delle campagne di scavo campioni di terra vengono regolarmente e sistematicamente prelevati e flottati, con la supervisione di D. Mylona, per individuare i resti organici e identificare le specie animali e vegetali da cui essi derivano.

L'ambiente all'inizio della Dark Age (XII-XI sec. a.C.)

Alla fine dell'età del Bronzo il Mediterraneo orientale era prevalentemente caratterizzato da clima arido con temperature elevate e scarse precipitazioni. Non si dispone di una diretta evidenza per tale situazione a Creta, anche se è verosimile che essa vada ricostruita anche nell'isola.
Negli ultimi secoli del II millennio, nel XII e XI secolo a.C., le colline intorno alla Kephala dovevano essere dominate da arbusti e cespugli, e punteggiate da vari tipi di querce. Principali coltivazioni degli abitanti della Kephala erano il grano, le piante leguminose e la vite. Olivi e mandorli erano certamente presenti.
Un aspetto importante dell'economia locale era rappresentato dall'allevamento, fondato soprattutto su pecore e capre. A causa dell'aridità del clima e forse anche del numero di capi da nutrire, i campi intorno alla collina risultano privi di vegetazione erbacea, costringendo gli animali a fare incetta di rami e radici, fatto questo al quale devono essere imputate sia la perdita di denti sia lo sviluppo di malformazioni dentali che sono state osservate sui resti animali recuperati nell'insediamento in contesti del Tardo Minoico IIIC e del Subminoico (Mylona in corso di stampa). Sono anche attestati suini e bovini, come pure pochi equidi dei quali non è possibile dire se si trattasse di cavalli, asini o muli.
Anche i cani sono presenti all'interno dell'insediamento, e certo erano usati per la caccia. Capre selvatiche e cervi popolavano le pendici dello Psiloritis, visibile nella foto, e insieme con lepri e volatili, venivano regolarmente cacciati e mangiati, e probabilmente anche impiegati per scopi diversi – come la manifattura di strumenti ricavati dalle corna di capre e cervi – dagli abitanti della Kephala. È rilevante notare come in questa fase l'attività umana finalizzata al procacciamento di cibo appare più concentrata sulle montagne e sulle colline circostanti che non nel fondo valle sottostante.

Grano, frutta e carne avevano una parte stabile nella dieta alimentare degli abitanti della Kephala. Essi rappresentano anche gli ingredienti principali dei cibi che venivano preparati in occasione di banchetti ufficiali i cui resti, anche sotto forma di concentrazioni di ossi animali e vegetali, sono stati individuati sulla Kephala entro le fosse scavate nel tenero calcrete dell'area centrale e che già a partire dal XII secolo a.C. costituiscono uno dei fenomeni sociali più significativi del nuovo insediamento. Va segnalata, a questo proposito, nella fossa 54, la presenza di uno scheletro di cane, dei resti di un secondo scheletro di cane forse da connettere alla presenza di una pelle, e del plastron di una tartaruga acquatica, che rappresenta finora l'unico esemplare di Chlemis caspica attestato a Creta.

L'ambiente nella Dark Age avanzata (X-IX sec. a.C.)

A partire dal X secolo a.C. questo quadro appare mutato. La vegetazione erbacea sulle colline intorno all'insediamento sembra essersi ricostituita, dal momento che sui resti animali raccolti nell'insediamento in contesti di X-IX secolo a.C. le patologie dentali appaiono di gran lunga meno significative. Le querce a foglie decidue sono adesso più numerose rispetto ai sempreverdi, mentre olivi, mandorli e viti continuano ad essere coltivati come alberi da frutto. Nel caso degli olivi (a sinistra) è probabile che anche il legno fosse utilizzato. Dall'analisi di carboni provenienti dall'insediamento è accertata l'esistenza di piante della famiglia delle tamerici, dei peri (a destra) e dei biancospini. Salvia e menta sembra che fossero tra le piante raccolte.
In questa fase si riscontra un altro mutamento degno di nota.
La caccia degli animali selvatici subisce una netta flessione, infatti resti di cervi o di capre selvatiche diventano adesso assai meno comuni. È possibile che le attività connesse all'allevamento si siano spostate in luoghi meno elevati, dove cioè era meno facile trovare animali da cacciare, e che nei pascoli le pecore fossero meno comuni delle capre. Continua, come nella fase precedente, l'allevamento dei suini, mentre un netto aumento si registra invece nei resti bovini, forse dovuto a un salto di qualità nell'allevamento stesso, o piuttosto a un incremento delle attività agricole nei campi intorno la collina, che avrebbe richiesto un maggior numero di esemplari da usare come forza lavoro.